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Yasuyoshi Chiba recita una poesia ovvero la speranza, ecco la foto che vince il World Press Photo

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“La speranza”. E’ quello che i giurati del prestigioso World Press Photo hanno visto nello scatto del fotografo giapponese Yasuyoshi Chiba, vincitore del premio 2020: un ragazzo sudanese, ispirato e circondato da altri coetanei, recita una poesia nel mezzo di una manifestazione in Sudan, illuminato in pieno blackout dai soli cellulari dei suoi compagni. Lo scatto del fotografo dell’Afp, intitolato “Straight Voice”, risale a circa un anno fa, quando dopo la caduta del presidente, il ricercato di guerra Omar al-Bashir, i sudanesi hanno continuato a manifestare contro i militari per chiedere la transizione verso un governo civile. Quello immortalato nella foto “e’ stato l’unico gruppo che manifestava pacificamente che ho incontrato durante il mio soggiorno” a Khartoum, ha spiegato Chiba, 48 anni, di norma basato a Nairobi, alla France Presse. “Sono stato colpito dalla solidarieta’ indomita della loro rivoluzione”, ha continuato aggiungendo che quella foto “mostrava che le persone avevano ancora questa passione dentro di se’, e io avevo la sensazione di essere uno di loro”. Tra i premiati, nelle diverse categorie, anche due italiani. Al primo posto nella sezione “Contemporary Issues – Stories”, c’e’ Lorenzo Tugnoli di Contrasto e Washington Post, premiato per un reportage in bianco e nero in Afghanistan. “E’ un grande riconoscimento dei molti anni passati a lavorare in questo bellissimo Paese. Spero di poter tornare presto a Kabul”, ha scritto Tugnoli su Instagram. L’altro e’ Luca Locatelli, al primo posto nella categoria “Environment – stories” con la foto “The End of Trash – Circular Economy Solutions”, scattata in Danimarca. “Credo che dovremmo imparare nuovi modi di vivere sul nostro pianeta e dovremmo aprire un vero dibattito al riguardo”, ha scritto anche lui sul suo profilo Instagram.

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Cultura

Roma, successo per il vernissage di Antonio Nocera in via del Babuino

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Una serata all’insegna dell’arte e della cultura quella tenutasi presso l’atelier dell’artista Antonio Nocera in via del Babuino a Roma. L’evento, che ha visto la partecipazione di numerose personalità del mondo istituzionale e culturale, ha celebrato l’eclettico talento di Nocera, noto per la sua poliedrica carriera come scultore, pittore e illustratore.

Il vernissage ha attirato un pubblico di spicco, tra cui Michele Ainis, noto costituzionalista e scrittore, Giulio Golia, celebre inviato delle “Iene”, l’onorevole Andrea Casu, il responsabile della sicurezza di Palazzo Chigi Tiziano Conedera, e l’architetto Francesca Giorgi. Questi ospiti, insieme a numerosi rappresentanti delle istituzioni, hanno potuto apprezzare le opere esposte e conoscere da vicino l’artista.

Antonio Nocera è un nome di rilievo nel panorama artistico internazionale. La sua arte spazia dalla scultura alla pittura, passando per l’illustrazione. Tra i suoi lavori più noti, la scrittura di libri su Pinocchio e l’illustrazione dei Vangeli per Papa Francesco. Ha inoltre collaborato con i principi di Monaco e ha esposto le sue opere in prestigiose sedi, tra cui Dubai.

Un elemento distintivo del lavoro di Nocera è la sua rappresentazione della maschera napoletana di Pulcinella. Le sue interpretazioni di questo iconico personaggio sono uniche e offrono una visione contemporanea di una figura tradizionale, affascinando il pubblico con la loro profondità e originalità.

L’atelier di via del Babuino si è trasformato in un luogo di incontro e dialogo, dove l’arte di Nocera ha suscitato emozioni e riflessioni. Gli ospiti hanno avuto l’opportunità di ammirare da vicino le opere dell’artista, discutere di cultura e arte, e apprezzare la maestria con cui Nocera trasforma materiali e idee in capolavori. Il vernissage di Antonio Nocera è stato un grande successo, consolidando ulteriormente la sua posizione nel mondo dell’arte. L’evento ha dimostrato come l’arte possa essere un potente strumento di connessione e ispirazione, capace di riunire persone di diversa estrazione sociale e professionale in un comune apprezzamento del bello e del creativo.

 

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Dalle macerie turche continua a spuntare la vita

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Dieci giorni schiacciati sotto i resti di un palazzo sbriciolato, poi il miracolo. Una madre e i suoi due bambini sono stati estratti vivi oggi dopo essere rimasti sepolti per 228 ore sotto le macerie di uno degli edifici che è crollato a causa del terremoto ad Antiochia, una delle città del sud est della Turchia più colpite dal sisma. La donna viene trasportata in barella da sei persone che camminano in punta di piedi tra i detriti dei palazzi sventrati, poi i soccorritori si abbracciano e riprendono le ricerche. Quasi contemporaneamente è stata tratta in salvo, dopo 227 ore sotto le macerie, una donna di 74 anni, Cemile Kekec, a Kahramanmaras, un’altra delle città più colpite dal sisma, dove in mattinata era stata salvata anche una 45enne. Sono oltre 8.000 le persone che in Turchia sono state estratte vive dai resti dei palazzi crollati con l’urto delle due scosse di terremoto che hanno colpito il sud est del Paese e varie province nel nord della Siria, dove oggi sono arrivati camion carichi di materiale medico inviati dall’Organizzazione mondiale della Sanità. “Molto più sostegno è necessario per soddisfare i bisogni sanitari essenziali di tutte le persone”, ha comunque fatto sapere il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. Il bilancio delle vittime per ora ha superato le 41mila persone ma è destinato ad aumentare quando le ricerche si fermeranno mentre, in Turchia, i feriti sono in tutto più di 105mila.

I soccorritori continuano a lavorare anche mentre cala la notte, ma la zona colpita dal terremoto è incessantemente interessata da scosse di assestamento, ne sono state registrate 3.858 dal giorno del sisma, il 6 febbraio, di cui quasi 400 di magnitudo tra 4 e 5, e l’agenzia turca per l’emergenza e i disastri Afad ha definito la situazione “fuori dall’ordinario”. Gli edifici in parte crollati o rimasti fortemente danneggiati a causa del violento terremoto sono 50.576 e devono essere demoliti con urgenza, ha affermato il ministro dell’Ambiente turco Murat Kurum facendo sapere che le autorità hanno ispezionato finora più di 387.000 palazzi nelle dieci province del sud est anatolico colpite dal terremoto. La città di Gaziantep ha il maggior numero di edifici che necessitano di essere demoliti subito, quasi 12.000, seguita da Hatay (10.991) e Kahramanmaras (10.777). Mentre le ricerche vanno ancora avanti, la Turchia continua a ricevere solidarietà a livello internazionale dopo che oltre 100 Paesi hanno inviato aiuti fin dal primo giorno.

Il Regno Unito si è impegnato a fornire un nuovo pacchetto di aiuti da 25 milioni di sterline (28 milioni di euro) per le popolazioni della Turchia e della Siria colpite dal sisma, portando il totale stanziato da Londra a 42,8 milioni di sterline (48 milioni di euro). Domani il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg si recherà nella capitale turca per esprimere solidarietà da parte dell’Alleanza Atlantica mentre oggi il ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan ha visitato Ankara per mostrare vicinanza dopo il sisma. La Turchia ha ringraziato l’Armenia definendo la visita “significativa”. Yerevan ha mandato 100 tonnellate di aiuti umanitari per la popolazione turca colpita dal sisma mentre una squadra di 28 soccorritori armeni è al lavoro nelle zone terremotate. Già la scorsa settimana, per permettere l’arrivo di aiuti alle regioni turche colpite, era stato aperto un valico sul confine turco-armeno, chiuso da 30 anni a causa delle relazioni problematiche tra Ankara e Yerevan per varie questioni, tra cui la negazione del genocidio armeno da parte della Turchia.

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Cultura

‘Ndocciata Agnone Patrimonio Unesco, il Governo ci crede | Fotogallery di Mario Laporta

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La ‘Ndocciata di Agnone (Isernia) ha incantato il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e il sottosegretario Vittorio Sgarbi, entrambi ieri hanno assistito all’antico rito del fuoco impegnandosi a sostenere la proposta del comune, della Proloco e dell’Unimol affinché esso sia riconosciuto come patrimonio immateriale dell’Unesco.

“Una bella proposta – ha detto ieri Sangiuliano – sulla quale possiamo ragionare e, insieme, disegnare un percorso, ma si può fare anche molto di più per il Molise, per Agnone, per questo territorio, ma soprattutto per coloro i quali vengono da qui perché questo è un luogo di cultura, questo è un luogo che ha grandi tradizioni che meritano di essere valorizzate”. Poi è intervenuto Sgarbi con un post: “Il fascino della ‘Ndocciata di Agnone, in Molise. Cittadini sfilano, in una sorta di rito propiziatorio, con le fiaccole. Il bagliore dei fuochi squarcia il buio della notte e anima i vicoli. Tradizione che merita il riconoscimento dell’Unesco”. La ‘Ndocciata è già riconosciuta, dal 2011, Patrimonio d’Italia per la tradizione dal Ministero del Turismo. L’evento attira, infatti, migliaia di turisti e ieri, secondo i dati forniti dagli organizzatori, erano oltre 10mila nonostante il maltempo. Per le strade principali di Agnone hanno sfilato 1200 ‘ndocce portate in corteo da ‘ndocciatori e figuranti, circa 320 persone.

La preparazione delle grandi torce comincia nel mese di marzo, con la ‘martellata’, ovvero quando i carabinieri Forestali segnano gli abeti bianchi da abbattere: essi, dopo l’essiccazione, diventano parte della ‘ndoccia assieme ai rami di ginestra. Il rituale, pagano e cristiano, è sempre lo stesso dal 1956: i bambini aprono il corteo portando le fiaccole più piccole e poi è un crescendo, fino ad arrivare alle ‘ndocce a ventaglio alte fino a tre metri. Gli ‘ndocciatori arrivano dalle Contrade del paese: Sant’Onofrio, Guastra, Colle Sente, San Quirico e dai quartieri agnonesi Capammonde e Capaballe e indossano un mantello a ruota di panno nero. Durante il percorso sono incitati dai turisti, che si affollano ai lati delle strade, e loro regalano momenti di folklore. Il rito si conclude in Piazza Plebiscito con il grande falò della Fratellanza: ciò che resta delle ‘ndocce viene lasciato bruciare per cancellare tutte le cose negative dell’anno che sta per concludersi e accogliere la positività del solstizio. Si replica il 24 dicembre con la ‘Ndocciata ai cui partecipano tutti gli agnonesi prima del cenone della Vigilia.

La fotogalleria che ci propone Mario Laporta, ci traccia alcuni momenti della ‘Ndocciata un evento tradizionale che si svolge ad Agnone, comune dell’Alto Molise in provincia di Isernia noto per la sua millenaria produzione di campane, La ‘Ndocciata è la “tradizione natalizia legata al fuoco” più imponente che si conosca al mondo, una  suggestiva processione di fiamme e scintille, che parla di una lunga, eterna emozione che si deve vivere, per poterla capire e apprezzare nel suo senso più profondo. Come recita anche il sito ufficiale della manifestazione “L’origine della tradizione del fuoco che “infiamma” la Vigilia di Natale ad Agnone si perde nella notte dei tempi.

Da principio la ‘Ndoccia (fonema dialettale che sta per ”grande torcia”) faceva parte certamente della ritualità pagana legata alla scadenza solstiziale del 21 dicembre. E’ noto infatti l’antico legame che l’uomo ha con il fuoco, ritenuto sin dall’alba della sua comparsa come fonte primaria di vita, elemento fecondatore e purificatore della natura; al pari sono noti agli studiosi i fuochi rituali che dalla Persia alla Normandia, dalla Russia al Galles, gli antichi abitatori dell’Europa e del vicino Oriente accendevano in onore del Dio Sole durante la notte più lunga dell’anno. Anche gli antenati degli attuali abitanti di Agnone, gli Osci e i temibili Sanniti che per secoli contesero a Roma il dominio dell’Italia centro meridionale, erano legati al fuoco, ai suoi significati e alle sue suggestioni. E’ da questo legame che deriva certamente la tradizione ultra millenaria del fuoco solstiziale che in Agnone, nel cuore dell’Appennino abruzzese-molisano, si è evoluta nella “‘Ndocciata”.

Rito dedicato al sole ed al suo ciclo annuale fatto proprio dal cristianesimo e divenuto per questo fuoco in onore al Dio che nasce, al Cristo Luce e Salvatore del mondo. Da documenti scritti si hanno testimonianze di questa tradizione magico-rituale fin dai primi anni dell’ ‘800. I padri-protagonisti di questa tradizione erano i contadini, un rito agreste dunque colmo di significati simbolici, parte del linguaggio della semplicità contadina. Ad esempio: “Mentre la ‘Ndoccia ardeva” si traevano auspici: se soffiava la “borea” si prevedeva una buona annata, al contrario se tirava il “vento” .

Se schioppettava andava bene, altrettanto se la fiamma era consistente: spari e fuochi, come ci insegna la storia delle tradizioni popolare, sono contro le streghe, considerate un vero e proprio male della società rurale. Anticamente, come oggi, la ‘Ndocciata di Agnone si svolgeva nella tarda serata del 24 Dicembre. Le maestose fiaccole, infatti, servivano con molta probabilità anche ad illuminare il cammino dei contadini che dalle zone rurali si portavano sino al paese per assistere alla messa natalizia di mezzanotte. Ma in che modo nei tempi più recenti si è arrivati a quello che è oggi la ‘Ndocciata?

Negli anni trenta del novecento ancora i contadini solevano sfilare spontaneamente per le vie del centro cittadino con in spalla ognuno la grande torcia fatta spesso con le proprie mani. Ma il secondo conflitto mondiale portò anche alla fine – o meglio ad una sospensione che rischiava di preannunciarla – di questa antica abitudine. La tradizione fu felicemente ripristinata nei primi anni cinquanta dalla Pro Loco di Agnone che, per incentivare la partecipazione all’iniziativa, organizzò una gara con premi. Da allora possiamo dire che per la ‘Ndocciata fu un crescendo continuo in imponenza del rito e attaccamento degli Agnonesi ad esso. Oggi il 24 Dicembre è un giorno simbolo della tradizione Agnonese e un appuntamento irrinunciabile per migliaia di turisti che provengono da ogni dove.”

 

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