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21 anni fa l’attacco alle Torri Gemelle, processi al palo

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Gli Stati Uniti si preparano a ricordare gli attentati dell’11 settembre tra le polemiche e il dolore dei familiari delle quasi 3.000 vittime che, neppure dopo 21 anni, riescono a trovare pace. Da una parte i processi alle menti degli attentati che continuano ad essere rinviati a Guantanamo, dall’altra i rapporti con l’Arabia Saudita, considerata il Paese culla della maggior parte dei terroristi delle Torri Gemelle, la pagina piu’ buia della storia americana per molti non e’ stata ancora definitivamente voltata. Unico successo che l’amministrazione Usa puo’ rivendicare quest’anno nel giorno in cui si ricordano le gli attacchi, l’uccisione del leader di Al Qaida Ayman al-Zawahri. Come ogni anno da quel giorno del settembre 2001 che ha cambiato per sempre la storia dell’Occidente, sono previste una serie di commemorazioni nei luoghi delle stragi. Il presidente Joe Biden depositera’ una corona di fiori al Pentagono, dove attorno alle 9.37 dell’11/9 si schianto’ un Boeing 757 dell’American Airlines. Nell’impatto morirono tutti i 64 passeggeri dell’aereo, inclusi i terroristi, e 125 persone che si trovavano nel palazzo del dipartimento della Difesa. La First Lady Jill Biden partecipera’ invece alla cerimonia a Shanksville, in Pennsylvania, dove un altro aereo sequestrato dai terroristi, il volo 93 della United Airlines, si schianto’ fallendo il suo obiettivo, forse addirittura la Casa Bianca, ma provocando la morte di tutte le 44 persone a bordo. Infine la vice presidente Kamala Harris, accompagnata dal marito Doug Emhoff, sara’ al memoriale di Ground Zero. Proprio il sindaco di New York, Eric Adams, e’ criticato in questi giorni dai parenti delle vittime degli attentati per un torneo di golf femminile sponsorizzato dall’Arabia Saudita che si terra’ ad ottobre nel club di Donald Trump in citta’. Le famiglie, ma anche diversi rappresentanti del consiglio municipale, hanno chiesto al primo cittadino di annullare l’evento in segno di rispetto per le tante vite perdute l’11 settembre. Quindici dei 19 attentatori erano sauditi e, anche se formalmente non sono mai state accertate le responsabilita’ del governo di Riad, in tanti accusano l’Arabia Saudita di essere terreno fertile e rifugio sicuro per i terroristi. “Chiediamo al sindaco di New York di stare lontano da Ground Zero e da tutti gli altri memoriali ed eventi dell’11 settembre a meno che non annulli l’Aramco Golf Series finanziata dall’Arabia Saudita”, ha dichiarato Brett Eagleson, che rappresenta le famiglie delle vittime. L’ufficio del sindaco ha replicato di non poter intervenire poiche’ si tratta di una decisione presa dal predecessore Bill de Blasio e di non poter rompere il contratto con la Trump Organization per ragioni legali. Il tycoon era stato gia’ attaccato a luglio per aver ospitato un altro torneo di golf sponsorizzato dall’Arabia Saudita nel suo club di Bedminster in New Jersey. Come tante polemiche ha suscitato il bilaterale a Riad tra Biden e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Intanto nel carcere di massima sicurezza di Guantanamo sono ancora bloccati i processi a Khalid Shaikh Mohammed e altri quattro terroristi considerati le menti degli attacchi. Rinvii che per i parenti delle vittime significano la mancanza di risposte a domande che hanno 21 anni. Nel 2009 l’allora presidente Barack Obama annuncio’ che Mohammed sarebbe stato trasferito a New York per essere messo sotto processo in un tribunale federale di Manhattan. Tuttavia la citta’ si tiro’ indietro anche di fronte ai costi esorbitanti per la sicurezza. Se condannato, colui che e’ considerato l’artefice del peggior attentato della storia americana, rischia la pena di morte.

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Arresto di Sansal incendia i rapporti Francia-Algeria

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Si infiammano i rapporti già tesi tra la Francia e l’Algeria per la sorte di Boualem Sansal, lo scrittore algerino che da qualche mese ha ottenuto anche la nazionalità francese. Da sabato scorso, quando è stato arrestato all’aeroporto di Algeri, non si sa più nulla di lui. Settantacinque anni, da 25 impegnato da scrittore contro il potere di Algeri e i cedimenti all’integralismo islamico, potrebbe – secondo fonti algerine – essere processato per “violazione dell’unità nazionale e dell’integrità nazionale del Paese”. Preoccupati i familiari, gli amici, i sostenitori, mobilitata la stampa e il mondo degli intellettuali francesi, silenzioso il governo di Parigi con l’eccezione di Emmanuel Macron, che ieri sera ha espresso pubblicamente la sua forte preoccupazione.

L’arresto di uno degli intellettuali più critici contro il potere di Algeri ha inasprito i già tesi rapporti tra Francia ed Algeria, che avevano fatto toccare proprio nelle scorse settimane nuovi picchi per la visita di Macorn in Marocco e i toni di grande vicinanza col regno di Mohammed VI. Oggi anche l’editore francese Gallimard, che pubblica le opere di Boualem Sansal fin dall’uscita del suo libro più famoso, ‘Le serment des barbares’ (Il giuramento dei barbari), si è detto “molto preoccupato” e ha chiesto la “liberazione” dello scrittore. “Sgomento” ha espresso per l’arresto di Sansal anche la sua casa editrice italiana, Neri Pozza.

Dopo l’intensificarsi della pressione mediatica sulla sorte dello scrittore, l’Algeria è uscita oggi duramente allo scoperto attraverso la sua agenzia di stampa, accusando Parigi di essere covo di una lobby “anti-algerina” e “filo-sionista”. L’agenzia Aps conferma, nella sua presa di posizione, l’arresto di Sansal e attacca senza mezzi termini Parigi, la “Francia Macronito-sionista che si adombra per l’arresto di Sansal all’aeroporto di Algeri”. “La comica agitazione di una parte della classe politica e intellettuale francese sul caso di Boualem Sansal – scrive l’agenzia di stato – è un’ulteriore prova dell’esistenza di una corrente d’odio contro l’Algeria. Una lobby che non perde occasione per rimettere in discussione la sovranità algerina”. Si cita poi un elenco di personalità “anti-algerine e, fra l’altro, filo-sioniste” che agirebbe a Parigi, e del quale farebbero parte “Éric Zemmour, Mohamed Sifaoui, Marine Le Pen, Xavier Driencourt, Valérie Pécresse, Jack Lang e Nicolas Dupont-Aignan”.

Ad offendersi, secondo l’Aps, è uno stato che “non ha ancora dichiarato al mondo se ha la necessaria sovranità per poter arrestare Benyamin Netanyahu, qualora si trovasse all’aeroporto Charles de Gaulle!”. L’agenzia passa poi all’attacco diretto di Macron e di Sansal stesso: il presidente che “torna abbronzato da un viaggio in Brasile” scrive Aps, parla di “crimini contro l’umanità” in Algeria ricordando la colonizzazione francese “ma prende le difese di un negazionista, che rimette in discussione l’esistenza, l’indipendenza, la storia, la sovranità e le frontiere dell’Algeria!”, riferendosi a Sansal. Nel suo primo e più celebre libro, Sansal racconta la salita al potere degli integralisti che contribuì a far precipitare l’Algeria in una guerra civile negli anni Novanta. I libri di Sansal, editi in Francia, sono venduti liberamente in Algeria, ma l’autore è molto controverso nel suo Paese, in particolare dopo una sua visita in Israele nel 2014.

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Il porno attore italo egiziano Sharif nel carcere di Giza, rischia 3 anni di carcere

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E’ un appello accorato quello che arriva dall’Egitto dalla madre di Elanain Sharif, quarantaquattrenne nato in quel Paese ma cittadino italiano, fermato al suo arrivo in aeroporto al Cairo. “Sono molto preoccupata perché mio figlio sta male. Aiutatemi, lui ha bisogno di me e io di lui. Non so cosa fare” ha detto la donna con un audio diffuso tramite il legale che l’assiste, l’avvocato Alessandro Russo. E proprio per accertate le condizioni in cui è detenuto, le autorità italiane hanno già chiesto a quelle egiziane di poter effettuare una visita in carcere, alla quale dovrebbe partecipare anche la donna, e sono in attesa di una risposta. Sharif è accusato di produzione e diffusione di materiale pornografico.

Si tratta di reato, secondo la normativa egiziana, punibile con una pena da 6 mesi a tre anni. Il capo di imputazione è stato comunicato dal Procuratore egiziano al legale del 44enne e in base al codice penale egiziano, un qualunque cittadino di quel paese che commette un reato, anche fuori dall’Egitto, può essere perseguito. Un principio giuridico analogo a quello previsto dal nostro ordinamento. L’ex attore porno è stato già ascoltato dal procuratore che ha convalidato il fermo per 14 giorni, disponendo che il caso sia nuovamente riesaminato il 26 novembre. Le Autorità egiziane stanno infatti attendendo il risultato della perizia tecnica sul materiale presente online. Dopo il fermo all’aeroporto, il 9 novembre, l’uomo si trova ora nel carcere di Giza. “E’ stato messo in carcere appena siamo arrivati in aeroporto” ha detto ancora la madre di Sharif dall’Egitto.

“Non posso sapere come sta – ha aggiunto – perché non riesco a parlarci e sono molto preoccupata”. Sono in particolare le sue condizioni di salute a preoccuparla perché, ha spiegato, “mio figlio ha subito tre interventi alla schiena, l’ultimo 30 giorni fa a Londra”. Dal giorno in cui è stato bloccato la madre ha incontrato un paio di volte il figlio. “La prima – ha detto il legale – il giorno dopo a quello in cui era stato preso in consegna dalle autorità, in carcere al Cairo e poi dopo cinque o sei giorni trasferito dove è ora e l’ha visto sempre per un paio di minuti”. Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. Vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aveva ricordato ieri il legale – Le procedure di arresto sono state fatte utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. L’avvocato Russo ha poi spiegato che la madre si trova ancora in Egitto “assieme al fratello, che lavora nella polizia egiziana, e spera di avere notizie di un suo rilascio”. Con la donna, e con gli avvocati italiano ed egiziano e le autorità del Cairo, sono in contatto fin dall’inizio della vicenda sia l’ambasciata italiana sia la Farnesina.

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Brasile: la Corte trova la maggioranza, Robinho resta in carcere

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La Corte suprema ha raggiunto la maggioranza dei giudici per rigettare gli appelli e mantenere in carcere l’ex calciatore Robinho. L’atleta è detenuto in Brasile dal 22 marzo e sta scontando una condanna a nove anni per uno stupro di gruppo commesso in Italia nel 2013. Finora sei giudici hanno votato per respingere la richiesta di scarcerazione di Robinho. Si tratta del relatore del caso Luiz Fux, oltre ai giudici Edson Fachin, Luís Roberto Barroso, Cristiano Zanin, Cármen Lúcia e Alexandre de Moraes. Solo Gilmar Mendes ha votato a favore. Il processo si conclude il 26 novembre.

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