Un po’ di impazienza da parte degli alleati dell’Ucraina si era già percepita nei giorni scorsi, emerse in modi più o meno espliciti. Ora l’intelligence degli Stati Uniti rincara la dose, facendo filtrare al Washington Post la convinzione che la controffensiva di Kiev non raggiungerà gli obiettivi prefissati, tra cui quello di riconquistare Melitopol (città chiave del sud-est del Paese): passo cruciale per spezzare il corridoio terrestre che collega la Russia alla Crimea da quando le forze di Vladimir Putin hanno conquistato tutta la costa ucraina sul Mar d’Azov. Mentre fa rabbrividire il bilancio di 18 mesi di guerra: sarebbero già mezzo milione i soldati russi e ucraini morti o feriti sul campo di battaglia.
Le difese preparate da Mosca, che sta difendendo il territorio occupato attraverso campi minati e trincee, stanno creando più di un problema e fanno sorgere interrogativi a Kiev e nelle capitali occidentali sul perché una controffensiva che comporta l’impiego di centinaia di miliardi di dollari in armi e attrezzature militari non riesca a raggiungere i suoi obiettivi. Dagli Usa arriva il no comment di Jake Sullivan, consigliere alla sicurezza nazionale di Joe Biden, che non azzarda previsioni “perché la guerra, questa guerra, è imprevedibile”. Una nuova doccia fredda quella dell’intelligence Usa piombata a pochi giorni dalle querelle tra Kiev e la Nato: il capo di gabinetto, Stian Jenssen, aveva detto che l’Ucraina potrebbe alla fine cedere territori alla Russia come parte di un accordo per porre fine alla guerra ed entrare nell’Alleanza. Jenssen si era poi corretto e il segretario generale Jens Stoltenberg aveva quindi chiuso la questione ribadendo che spetta solo agli ucraini decidere quando ci saranno le condizioni per avviare negoziati di pace. La sensazione, però, è che un po’ di affaticamento, la cosiddetta ‘war fatigue’, ci sia. Anche perché la guerra dura ormai da quasi un anno e mezzo e oltre ai miliardi brucia anche vite umane.
Secondo il New York Times sono 500 mila i soldati morti o feriti tra le file ucraine e russe. Un calcolo difficile da effettuare considerato che Mosca tende ad abbassare le stime e Kiev non riporta dati ufficiali. Sul terreno, la Russia fa sapere di aver abbattuto un altro drone diretto a Mosca nella notte, ma l’allarme come di consueto ha comunque causato la chiusura momentanea dello spazio aereo sopra l’aeroporto Vnukovo della capitale. I frammenti sarebbero caduti nell’Expocenter senza causare vittime o danni significativi all’edificio. A buon fine sembra che sia andato invece l’attacco alla sede della ‘polizia popolare’ di Energodar, città che ospita la centrale di Zaporizhzhia, occupata dai russi.
Il servizio di intelligence militare ucraino (Gur) lo ha rivendicato con un video dichiarando di aver ferito quasi tutti i dirigenti. Non è chiaro, invece, se ci sia la mano di Kiev dietro all’incendio scoppiato in un’area di circa 1300 metri quadrati del porto russo di Novorossiysk, sul Mar Nero, nel sud-ovest del Paese. Secondo i media russi avrebbero preso fuoco alcuni pallet di legno, ma nei video che circolano sul web si vede un grande fumo nero intervallato da alcune esplosioni di cui non è chiara la natura. Il porto di Novorossiysk, dove passano anche petroliere, era stato teatro il 4 agosto dell’attacco alla nave da sbarco Olenegorsky Gornyak, colpita e semi affondata da un drone marino di Kiev con un carico di 450 chili di dinamite. Le forze ucraine sperano sempre di più nel contributo decisivo degli F-16 che però tarderanno ad arrivare, in attesa dell’addestramento dei piloti di Kiev. Una coalizione di 11 Paesi Nato inizierà a istruirli ad agosto in Danimarca e un altro centro sarà allestito in Romania. Gli Usa hanno dato il via libera a Copenaghen e Amsterdam per l’invio dei caccia in Ucraina non appena questo sarà completato.