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Cronache

Traffico di droga, 11 arresti: i carabinieri decapitano 4 diversi clan di camorra operanti ad Acerra

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Per delega del Procuratore Distrettuale di Napoli, si comunica che i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Castello di Cisterna hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 11 persone, gravemente indiziate del reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
In particolare, dall’attività di indagine sarebbe emersa l’esistenza di due distinte consorterie criminali, entrambe operanti nel comune di Acerra, nell’arco di tempo tra il mese di giugno 2022 ed il mese di aprile 2023.
L’illecita attività sarebbe stata posta in essere sia attraverso il rifornimento di rivenditori all’ingrosso provenienti da altre città della provincia di Napoli sia con la cessione al dettaglio in “piazze di spaccio” o con consegne a domicilio ai clienti.
Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

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Vaticano, il cardinale Becciu: volevano annientarmi, processo è stato ingiusto

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Ha deciso di parlare “perché davanti a un’ingiustizia non si deve tacere. La Bibbia dice di non lasciare tramontare il sole senza che si renda giustizia al povero defraudato. Era considerato un peccato che gridava vendetta al cospetto di Dio. E io quasi da quattro anni sono stato defraudato dell’onore, del ministero episcopale e della serenità. E molto più di un tramonto”.Lo afferma il cardinale Giovanni Angelo Becciu in un’intervista al Corriere della Sera a quattro anni dalla condanna per peculato e truffa nel processo vaticano innescato dall’acquisto del palazzo di Londra. “Io non ho commesso nessuna truffa e nessun peculato e lo grido a gran voce – aggiunge -. In un processo bisogna trovare i responsabili di chi ha fatto uso disinvolto di danaro. E soprattutto chi ha commesso un reato. Io nego di essere stato tra costoro, ho agito in base a quanto è stato studiato e proposto dai nostri uffici. Inoltre l’investimento della somma fu autorizzata dal mio Superiore, l’allora Cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone”.

Sottolinea Becciu: “Per la Segreteria di Stato vi era un ufficio apposito che si occupava di questa materia e io mi sono limitato a seguire le loro indicazioni. Peraltro, l’ufficio mi presentò l’investimento che comprendeva anche il Palazzo di Londra come massimamente vantaggioso per la Santa sede. Dov’era il reato? Ho forse ottenuto un beneficio personale? Nessuno! E poi badi bene che quando la Segreteria di Stato decise di acquistare l’intera proprietà del Palazzo io non ero più Sostituto”. “Il Vaticano con il processo a mio carico ha perso un’occasione unica per mostrare al mondo come amministrare la giustizia nel rispetto dei diritti degli accusati. Mi ha ferito essere stato presentato come un cardinale affarista. Io non lo sono. Mai un centesimo è andato nelle mie tasche e il processo tutto questo lo ha ampiamente dimostrato. Io non ho disonorato il Vaticano, io ho dato la mia vita per la Chiesa servendola in tutto il mondo, nelle varie Nunziature, con dedizione e impegno».

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Cronache

La ricerca di Francesco Lorusso, viaggio di un papà sotto le bombe del Donetsk per abbracciare la figlia piccola ferita

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Francesco, un pizzaiolo di 45 anni di Gravina di Puglia, si è avventurato in un viaggio pieno di speranza e timore. La sua destinazione: il Donbass, una regione martoriata dalla guerra, con tappe in Armenia, Mosca e Rostov. Il suo obiettivo: ritrovare sua figlia Laura, una biondina di sei anni che non vedeva da marzo 2021, quando sua moglie Iryna è fuggita con lei. La sua ricerca lo ha condotto in un luogo dove i bambini non dovrebbero mai trovarsi: l’ospedale di Donetsk.

Laura era stata ferita da un attacco di drone ucraino che ha distrutto l’auto in cui si trovava con la madre. La bambina è stata ricoverata in traumatologia, mentre Iryna è stata messa in cura psichiatrica a causa di segni di instabilità. Nonostante il trauma e la barriera linguistica – Laura ora parlava solo russo – Francesco ha trovato conforto nel sentirla al telefono. Un video toccante ha catturato il loro incontro emotivo: Francesco che accarezza dolcemente Laura, che timidamente lo saluta con un commosso “papa privet” (ciao papà).

L’odissea di Francesco è iniziata tre anni fa quando Iryna ha portato via Laura in modo inaspettato. “È stato terribile”, ricorda Francesco. “Le ho accompagnate fino ai confini di Donetsk e mi sono fermato in un centro commerciale a Kostjantynivka. ‘Potresti prendere qualcosa per la piccola che ha fame?’ mi ha chiesto mia moglie. Sono tornato di corsa con un panino, ma loro non c’erano più. Quella sera, ho ricevuto una telefonata agghiacciante da Iryna: ‘Sto andando a Donetsk, tu puoi tornare in Italia. Mi occuperò della nostra bambina. Mi dispiace dirtelo così, ma non ti amo più’.”

Dopo un mese di attesa vana che Iryna ripensasse, Francesco è stato costretto a tornare da solo in Italia. Negli anni seguenti, ha vissuto un tormento, aggravato dall’inizio della guerra. Nonostante il tribunale di Bari abbia sospeso i diritti genitoriali di Iryna e un’indagine penale per sottrazione di minore, Francesco ha rifiutato di sporgere denuncia. “Tutto ciò che volevo era riabbracciare mia figlia”, spiega. “Mi sono persino trasferito a Parma per convincere Iryna a tornare, sapendo che voleva evitare la Puglia.” Tuttavia, Iryna spariva spesso per settimane, riapparendo solo per chiedere denaro. “Mi faceva vedere Laura solo se le davo 500 euro al mese. Ho acconsentito e le ho dato di più quando potevo.”

Questo stato di cose è continuato fino a quando il silenzio è caduto improvvisamente lo scorso maggio. Poi è arrivato un messaggio minaccioso: “Diecimila euro o non ti facciamo vedere la bambina”. Francesco ha capito che qualcosa era andato terribilmente storto. Ha cercato informazioni e ha saputo del bombardamento, sospettando che l’auto distrutta che vedeva nelle foto fosse quella di Iryna.

Arrivato in Russia all’inizio di giugno con assistenza legale, Francesco si è avventurato nel difficile percorso tra Rostov e Donetsk, un viaggio di mille chilometri a tratta, spesso sotto attacco. Ha riabbracciato Laura in ospedale, un momento agrodolce che segnava una svolta. “Dopo quell’incontro, le cose sono cambiate. Non l’ho più rivista e è spuntato un uomo che dice di essere suo padre. Dovremo fare un test del DNA, che richiede tempo e soldi che non ho.”

Tornato a casa, la famiglia di Francesco ha creato il Comitato “Per il ritorno in Italia di Laura Lorusso” per raccogliere fondi per le sue spese e quelle mediche della bambina. Le recenti, sorprendenti, notizie di venerdì: “Hanno bombardato l’ospedale di Donetsk, ma Iryna era fuggita con Laura a Taganrog, in territorio russo”, ha rivelato Francesco.

Francesco è sopraffatto dall’emozione, lotta per vincere la commozione al telefono. “È troppo dura, troppo brutto…”, dice, la voce spezzata. La sua determinazione a riunirsi con Laura lo spinge avanti, nonostante le immense sfide che affronta nel paesaggio turbolento di guerra e separazione.

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Il dramma di Nessy Guerra, madre italiana accusa di adulterio in Egitto e difesa in Italia dal marito che la massacrava

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Hurghada, una località turistica affacciata sul Mar Rosso, è il palcoscenico di una drammatica battaglia legale e personale per Nessy Guerra, una giovane italiana di 25 anni. La sua storia è un intricato intreccio di violenza domestica, ingiustizie legali e il costante timore di perdere la custodia della sua bambina.

Nessy è fuggita dal marito Tamer Hamouda, un cittadino egiziano, dopo aver subito violenze fisiche e psicologiche. In Italia, Tamer è stato condannato per violenza sessuale e stalking, ma la sua vendetta si è trasformata in accuse di adulterio contro Nessy in Egitto, un crimine che potrebbe costarle fino a due anni di carcere.

La situazione è diventata ancora più angosciante quando il Tribunale della famiglia egiziano le ha tolto la custodia della loro figlia di un anno e mezzo. Vivono ora nascoste in una casa rifugio, nella speranza di poter tornare un giorno in Italia, ma la strada è piena di ostacoli legali e burocratici.

Nessy, intervistata dalla sua avvocata Agata Armanetti, ha espresso profonda preoccupazione per il futuro incerto. “Non sto bene, la situazione è complessa”, ha detto Nessy. “Ho paura di essere condannata ingiustamente e di finire in galera. Non tornerei mai in Italia senza mia figlia, ma il Tribunale ha bloccato il suo espatrio fino ai 21 anni”.

Nonostante le difficoltà, c’è una luce di speranza. Il console italiano al Cairo ha rilasciato il passaporto italiano per la bambina, nonostante l’opposizione di Tamer. Tuttavia, l’impedimento del Tribunale egiziano rimane un ostacolo significativo.

L’avvocata Armanetti ha inviato un appello urgente al Presidente Sergio Mattarella, a Giorgia Meloni e ai ministri Tajani e Roccella affinché intervengano in questa situazione critica.

La madre di Nessy, presente in Egitto e convertitasi all’Islam come la figlia, rappresenta un punto di riferimento fondamentale. “La presenza di mia madre è cruciale”, ha spiegato Nessy. “Potrebbe essere la custode della bambina se il padre dovesse perdere i suoi diritti a causa dei suoi precedenti in Italia”.

Nessy ha condiviso il suo pentimento per aver seguito il marito in Egitto, ma ha chiarito che la sua esperienza negativa non riflette sulla cultura egiziana o sulla religione islamica. “Mi sono trovata bene con la gente del posto”, ha detto. “Il problema è solo lui e la sua vendetta personale”.

La battaglia di Nessy Guerra rappresenta un appello urgente per la giustizia e la solidarietà internazionale, una lotta per il diritto di una madre di proteggere sua figlia e di vivere libera dalla minaccia della violenza e dell’ingiustizia.

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